La rivolta dei Boxer

Nel XIX secolo, dopo che per circa 60 anni gli europei hanno spadroneggiato in Cina, inizia a covare uno scontro tra due culture diverse, difficilmente conciliabili.

Già nel 1842 la Cina era stata obbligata a firmare una serie di Trattati capestro che accordavano alle Grandi Potenze, alla Russia e agli Stati Uniti concessioni commerciali (e anche politiche) sempre più ampie. Ma ecco scoppiare, improvvisa e imprevista, una selvaggia resa dei conti.

Sin dai tempi più antichi la Cina pullulava di Società segrete. In pratica ogni attività`, dai contadini ai mendicanti, dai battellieri agli artigiani ai ladri si vanta di averne una.

Quando l’infiltrazione occidentale diventa sempre più invadente e pressante, queste Società si animano pur autonomamente e individualmente e si caricano di odio contro i “diavoli stranieri” e contro i missionari che, a loro avviso, con la loro dottrina sovvertono la morale tradizionale del loro Paese.

Dopo la Prima guerra che vede opposta la Cina al Giappone (1894-95) per il controllo della Corea, si assiste al consolidarsi di una Società Segreta più organizzata e determinata delle altre:

“I hoch’uan” o “I H`o T’uan”, in italiano, con buona approssimazione significa, “il pugno della giusta armonia”, ma potrebbe essere interpretato anche come “i pugni patriottici”.

Il motto della quale è “Scacciare la dinastia Ch’ing, sterminare gli stranieri”.

Gli occidentali li definiscono invece, e con un certo disprezzo “BOXER” (pugilatori), senza tentare di comprendere le loro ragioni e soprattutto di improntare un minimo, pur difficile, dialogo.

L’odio monta e degenera in una cieca e selvaggia rivolta. Presi di mira sono tutti gli europei, gli americani, i russi e soprattutto i cinesi convertiti.

Una forza enorme e incontrollata si muove prima nel nord del Paese, nello Shantung per poi dilagare in tutta la Cina.

L’enigmatica imperatrice Tz’u Hsi, ex concubina manciù che aveva avuto la fortuna di essere la madre dell’imperatore T’ong-tche, del quale avendo quest’ultimo solamente cinque anni era stata nominata reggente sino alla sua morte, avvenuta nel 1875, si accorge che con l’astuzia può ottenere il controllo dei boxer e sfruttarne la forza.

Il 21 giugno 1900 l’imperatrice Tz’u Hsi dichiara allora guerra aperta a tutte le Grandi Potenze e, quattro giorni dopo, esorta il Paese a uccidere tutti gli stranieri. La sua però è una decisione disastrosa.

A Pechino, dopo che gli occidentali non hanno accettato l’ultimatum imperiale, il Quartiere delle Legazioni (rifornito in seguito segretamente di viveri per ordine della stessa imperatrice, che gioca su due fronti temendo a un certo punto di non riuscire più a controllare appieno i boxer e ancora di più che quest’ultimi possano attuare anche una politica anti manciù) viene posto sotto assedio.

Gli europei a Pechino erano i diplomatici e le relative famiglie che componevano le legazioni accreditate, oltre ai militari destinati alla difesa delle legazioni e ad uno scarso gruppo di religiosi delle diverse confessioni, cui facevano capo le varie missioni. L’altro gruppo, più numeroso, risiedeva in Tien Tsin ed era composto dal personale delle Concessioni commerciali e dagli equipaggi delle navi militari stazionarie nel porto.

Con l’esplosione dell’ondata xenofoba, inizialmente nelle campagne che circondavano le grandi città, gli europei di Tien Tsin e di Pechino cominciarono ad avvertire in maniera sempre più consistente il pericolo incombente.

A Pechino i militari non raggiungevano le 400 unità, di questi 25 erano Marinai italiani del “Marco Polo” al comando del T.V. Paolini. Oltre agli Italiani erano presenti i rappresentanti di gran Bretagna, Francia, Austria, Russia, Spagna, Stati Uniti, Belgio, Olanda, Giappone e Germania.

Il culmine della rivolta fu in giugno, quando i Boxer distrussero la linea ferroviaria che collegava Pechino a Pao Ting-Fu, dilagando poi nei dintorni di Pechino attaccando le missioni cattoliche e protestanti, massacrando i missionari ed i cinesi convertiti. In rapida successione i rivoltosi completarono l’isolamento di Pechino interrompendo anche la ferrovia che collegava la capitale con Tien Tsin. I diplomatici delle legazioni erano così completamente isolati dalle concessioni ed in totale balia dei rivoltosi. Con la piena collaborazione delle truppe Imperiali, i rivoltosi dilagarono in Pechino e strinsero d’assedio il Quartiere delle legazioni, era il 20 giugno 1900.

La resistenza fu organizzata nella sede della legazione britannica. Il comando della difesa fu preso dall’Austriaco Thoman l’ufficiale più anziano fra quelli presenti. Nonostante la politica temporatrice e di connivenza della Corte Imperiale con i Boxer, gli assalti dei rivoltosi erano regolarmente respinti. La situazione andava peggiorando giorno per giorno, il numero dei morti e dei feriti saliva e non si vedeva la possibilità di ricevere aiuti, infatti, la rivolta era scoppiata anche a Tien Tsin. Il 24 giugno 1900 gli equipaggi delle navi da guerra erano riusciti a domare completamente la rivolta in questa città. Poi più tardi, finalmente, partì da Tien Tsin un Corpo di Spedizione guidato dal generale inglese, forte di oltre 17.000 uomini fra cui anche marinai delle compagnie da sbarco italiane. L’entusiasmo per l’avvenuta liberazione di Tien Tsin fu turbato dalla morte, avvenuta il 27 giugno, del S.T.V. Ermanno Carlotto a seguito delle ferite riportate durante i cruenti scontri. Alla sua memoria fu decretata la Medaglia d’Oro al V.M.

Il 14 agosto 1900 il Corpo di spedizione, combattendo accanitamente entrava in Pechino e liberava dall’assedio il personale delle Legazioni.  Alla liberazione della città`, con il contingente italiano, era presente il T.V. Giuseppe Siriani, che sarà insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia.

Nello stesso tempo, 40 marinai inviati a Pechino al comando del T.V Federico Tommaso Paolini (che riceverà la M.O. al Valor Militare), non solo presidiano la Legazione del Regno d’Italia, ma riescono a difendere la cattedrale cattolica del Pe Tang. Sei fucilieri di Marina muoiono nell’azione e cinque rimangono feriti. Da notare che tutti i morti a Pechino, 18 in tutto, appartengono alla Regia Marina, per il semplice motivo che le truppe del Regio Esercito arriveranno più tardi, ossia alla fine dell’assedio imposto dai boxer.

Medaglie d’Oro saranno infine concesse al STV. Angelo Olivieri e al Sottocapo Vincenzo Rossi (alla memoria).

Sulle barricate poste a difesa del quartiere delle Legazioni a Pechino, di cui quell’italiana costituiva l’angolo di sud est, si ebbe uno stillicidio di perdite. Il 24 giugno morì il primo marinaio italiano, Leonardo Mazza, al quale seguirà` a stessa sorte altri 64 uomini del contingente internazionale e oltre 165 feriti. La storia non poteva certo concludersi così, l’ambiguo atteggiamento del Governo Imperiale Cinese andava punito in materia esemplare. Le Grandi Potenze stabilirono di costituire un corpo di spedizione da inviare in Cina, anche l’Italia aderì inviando un contingente di oltre 2.000 uomini.

Solo in agosto giungono finalmente dal Regno d’Italia i sospirati rinforzi.

Il 1^ settembre 1900 fu costituito a Pechino il Battaglione Marinaiforte di 26 ufficiali, 552 marinai, 1 cannone, 2 mitragliatrici e 10 muli.

Alla data dell’8 settembre il contingente internazionale raggiunse una forza di circa 70,000 uomini. Il 7 novembre 1900 cessavano ufficialmente le ostilità`, ma i contingenti militari internazionali restavano sul posto a sostegno della ripresa attività` diplomatica. Il 7 giugno 1902, la zona di Tien Tsin occupata e presidiata dai reparti italiani fu trasformata in quella Concessione a lungo reclamata dal governo italiano prima della rivolta dei Boxer.

E`indubbio che tale risultato fu anche dovuto al coraggio e all’abnegazione di quei marinai delle Compagnie da Sbarco, che così valorosamente si erano comportate.

 

 

Ermanno Carlotto, la prima medaglia d’Oro al V.M.

Mentre a Pechino, in attesa dei rinforzi, si combatte sulle barricate, il 24 giugno 1900 muore il primo marinaio italiano, Leonardo Mazza, seguito da Francesco Zolla.  Nella difesa di Tien Tsin si distingue un drappello di 20 Fucilieri di Marina, sbarcati dalla nave Torpediniera Elba, al comando del STV. Ermanno Carlotto.

Nato a Ceva il 30/11/1878, il giovane Carlotto era stato ammesso all’Accademia Navale di Livorno nel 1892, uscendone nel 1898 con il grado di Guardiamarina. Imbarcato dapprima sulla Corazzata Carlo Alberto, venne poi assegnato all’Elba, e successivamente inviato in missione nel Mar della Cina, subito prima che esplodesse la rivolta dei Boxer. Carlotto, che già aveva destato l’ammirazione degli Alleati per coraggio e determinazione, il 19 giugno, mentre, schierato a difesa della Scuola Militare e allo scoperto cercava di individuare i punti ove far convergere il fuoco del proprio drappello, veniva colpito gravemente.

Morirà il 27 giugno 1900. A Ermanno Carlotto, medaglia oro al Valor Militare alla memoria è oggi dedicata la Caserma di Brindisi della Brigata di Marina San Marco.

 

 

 

Bibliografia:

  • Brigata Marina San Marco. Il Ruggito del Leone. Mario Bussoni.
  • Le Fanterie di Marina Italiane. Ufficio Storico della Marina Militare

 

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